La riservatezza e la protezione dei dati personali sono da anni oggetto di studi, leggi, indagini, polemiche e condanne. Molti giganti del web, spesso, li hanno trasformati in vera e propria moneta di scambio, tanto da andare incontro a multe salatissime e scandali, come quello che ha coinvolto Facebook e Cambridge Analytica. Dopo una manciata di anni da quell’indagine, che ha scoperchiato il disinvolto utilizzo da parte di Zuckerberg e soci dei nostri dati personali, un altro possibile scottante caso sulla violazione della privacy si prospetta all’orizzonte e tocca sia Facebook che, soprattutto, Google. È di questi ultimi giorni, infatti, la notizia che l’UE ha avviato un’indagine sulla raccolta dati di Google.
Una notizia, in qualche modo, attesa, visto che già tre anni fa, per voce dell’attuale commissario alla Concorrenza della Commissione europea, nonché vicepresidente della stessa, Margrethe Vestager, la Commissione aveva comunicato che avrebbe vigilato attentamente sulle attività di tutte quelle imprese che raccolgono e sfruttano i dati personali degli utenti di internet. Google, tra l’altro, ha già subìto multe dall’Unione Europea per circa otto miliardi di euro, l’ultima delle quali nello scorso marzo, quando la stessa Commissione europea gli aveva comminato una sanzione di 1,7 miliardi di dollari per aver “abusato della sua posizione dominante imponendo un numero di clausole restrittive nei suoi contratti con siti web di terzi, impedendo ai concorrenti di posizionare la loro pubblicità contestuale su questi siti”. Inoltre, l’estate scorsa Bruxelles ha cominciato a monitorare anche la funzione “Google for Jobs”, con la quale l’azienda americana aiuta chi ha bisogno di cercare lavoro.
Adesso, sotto la lente di ingrandimento dell’UE, ci sarebbe il modo in cui i due giganti del web utilizzano i dati raccolti grazie alle ricerche effettuate dagli utenti in rete, per accertarsi che non abbiano violato i protocolli dettati dal GDPR. Per chi non lo sapesse, il GDPR (General Data Protection Regulation) è il regolamento a livello europeo sulla privacy e sui dati personali operativo dal 25 maggio del 2018. Nello specifico, il GDPR prevede cinque casi in cui il trattamento dei dati personali è lecito, ovvero quando l’utente “ha espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per una o più specifiche finalità”; oppure quando “il trattamento è necessario all’esecuzione di un contratto di cui l’interessato è parte o all’esecuzione di misure precontrattuali adottate su richiesta dello stesso“; nel caso in cui “il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento”; oppure quando “il trattamento è necessario per la salvaguardia degli interessi vitali dell’interessato o di un’altra persona fisica”; nel momento in cui “il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento”; e, infine, quando “il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell’interessato che richiedono la protezione dei dati personali, in particolare se l’interessato è un minore“.
L’indagine preliminare aperta dall’UE è soltanto l’ennesima a cui viene sottoposta Google, che quest’anno è già stata multata in Francia per una somma record vicina ai 50 milioni di euro per aver violato le modalità sulla raccolta dati e sulla profilazione degli utenti. Inoltre, l’azienda americana è sotto osservazione in almeno altri 50 Paesi di tutto il mondo, tra cui gli Stati Uniti, a causa della pubblicità online e del monitoraggio delle attività degli utenti che utilizzano il sistema Android. Quest’ultima indagine, tra l’altro, dovrebbe concludersi entro il 2020 con il pronunciamento della Corte Suprema degli Stati Uniti che potrebbe comminare un’altra multa molto salata all’azienda, si parla di milioni di dollari. E anche in Gran Bretagna, Google è sotto l’occhio del ciclone, perché l’Autorità alla concorrenza vuole fare chiarezza sulle modalità con cui Google stessa ha acquistato, per circa 2,6 miliardi di dollari, la società Looker Data Sciences, specializzata nell’analisi dei big data, per capire se tale acquisizione possa rappresentare un caso di concorrenza sleale.
Riguardo a quest’ultima indagine avviata dall’UE, trapelata grazie alla pubblicazione di un documento riservato, il portavoce della Commissione europea ha tenuto a specificare che essa si pone l’obiettivo di capire “il modo in cui i dati raccolti vengono presi, trattati e monetizzati, anche a fini pubblicitari”. Nello specifico, i commissari sembra vogliano venire a conoscenza dei dettagli sugli eventuali accordi che il gigante del web ha stipulato con quei soggetti terzi con i quali vengono scambiati i dati; e se questo accordo preveda dei limiti sull’utilizzo dei dati stessi o se implichi una qualche forma di pagamento. Infine, vogliono fare chiarezza su quali tipologie di dati personali Google acquisisca, sulle modalità in cui questi vengono usati e sul valore che le aziende concorrenti gli attribuiscono, ma anche sui dati riguardanti le ricerche locali, su quelli legati alla pubblicità online e alle pubblicità mirate, nonché sulle operazioni di login effettuate tramite browser. Sulle pagine del Financial Times, inoltre, è trapelato che l’interesse da parte dell’UE riguarda anche le implicazioni in materia di concorrenza, in quanto la condotta di Google e Facebook potrebbe aver compromesso la capacità di competizione sui mercati online da parte delle altre realtà similari o direttamente concorrenti. Per questo motivo, sia alle due aziende sotto indagine che ai loro partner e alle concorrenti, sono stati inviati gli stessi questionari conoscitivi per raccogliere le informazioni necessarie, ai quali gli intervistati dovranno rispondere entro il 7 gennaio 2020.
Fino a oggi, l’unico commento di Facebook in proposito è arrivato per bocca di Nick Clegg, ex vicepremier britannico e ora portavoce del social network, che ha fatto presente come il gruppo capitanato da Mark Zuckerberg sia oggetto di inchieste in diversi Paesi del mondo, ma che “i dati sono infinitamente divisibili e condivisibili” e che, quindi, è impossibile custodirli e condividerli nello stesso tempo. Google, invece, si è espressa tramite un portavoce, che ha rilasciato una dichiarazione ufficiale all’agenzia di stampa francese Afp: “Noi utilizziamo i dati per rendere i nostri servizi più utili e per essere in grado di inviare degli avvisi pubblicitari che possano essere d’interesse. Diamo alla gente la possibilità di gestire, cancellare o trasferire i propri dati e assicuriamo la piena disponibilità a continuare a partecipare a questa importante discussione con la Commissione Europea“.